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Echi d’Oriente, da una fermata del bus alle teterías.

Echi d’Oriente, da una fermata del bus alle teterías.

46… 47… anche 49 gradi. Non vogliamo credere a quello che ci dice il termometro.

Io, che di solito bevo pochissimo, non mi riconosco: acquisto e vuoto bottiglie di acqua da un litro e mezzo senza sprecarne una sola goccia; Christian, che beve sempre e ha l’umore che funziona a energia solare, non parla e si limita a indicarmi il market per procurarci altra acqua. Eppure questi posti ci attraggono, e pur conoscendo il loro potere di cambiarti il ritmo di vita, ci ostiniamo a mantenere i nostri. Finché non cediamo e ci ritroviamo a recitare il classico “madre mia que calor”, seduti in totale siesta, a “merendar” puntuali come tutti gli spagnoli, in un cortile ombreggiato. Intorno a noi, piante a foglia larga in meravigliosi vasi giganti, e un gelsomino che si abbarbica su per una scala. Massì, i nostri programmi per il pomeriggio possono essere benissimo posticipati di qualche ora.

Mi stupisce il profumo di spezie che pervade le antiche vie di Siviglia. È così familiare, per noi, che in fondo posso cercare di ignorarlo per dedicarmi alle nostre mete turistiche, ma mi accorgo che non è così facile. È impossibile non imbattersi e fermarsi a curiosare in bancarelle e negozi che espongono e vendono spezie pure, cesti multicolori pieni di miscele profumatissime e tanto tè di tutti i tipi. Ma tapas e jamón hanno il sopravvento.


Siamo alla stazione dei bus di Siviglia, diretti a Granada. Sono le 10 del mattino, il caldo è già ai livelli di guardia ed è già tempo di chiedere “un refresco, por favor”. Mi trovo al più classico bancone da bar quando sento un profumo che incredibilmente mi ricorda l’inverno. Istintivamente mi volto e vedo una signora anzianissima e piccolissima, seduta come a scuola su uno sgabello più alto di lei, con accanto il marito, altrettanto piccolo. Entrambi hanno davanti una tazza di cioccolata calda fumante, e sono impegnatissimi a intingervi, uno dopo l’altro, i favolosi churros. Il fascino della cultura andalusa e della storia spagnola del cacao è lì, a un passo da me. Proseguiamo per Granada con un viaggio in bus di cui ricordo solo mujeres andaluse che parlano a ritmo frenetico e centinaia di chilometri di girasoli. L’arrivo all’“última parada” è mozzafiato: Granada è una delle città che ci portiamo nel cuore. Oriente e Occidente che si incontrano nel suono di una chitarra, musiche, caldo, bouganville che spiccano sui muri antichi del colore della Sierra Nevada, che si staglia appena dietro la città. E ancora ceramiche, profumi, architetture arabeggianti, la bellezza dell’acqua, dei giochi di luce e della natura nell’Alhambra. Al culmine di una giornata inebriante, con il comodo alibi dell’interesse professionale, decidiamo di concederci un momento di ristoro e ci tuffiamo in Calle Calderería Nueva, lo stretto vicolo del quartiere arabo dell’Albazyn. È uno dei passaggi più caratteristici della città, e sicuramente uno dei più affascinanti: una via pedonale famosa in tutto il mondo per le pasticcerie arabe e soprattutto per le sale da tè, le strabilianti “teterías”, in cui non ci si deve stupire di trovare anche dei narghilè. I locali sono talmente tanti, e tanta è la voglia di vederli e assaporare quanto hanno da offrire, che rischiamo seriamente di mandare all’aria il resto del programma. Partiamo dalla tetería Palacio Nazari, un vero e proprio must, ma ognuna di esse vale la visita. La scelta di tè e batidos, da accompagnare con i più classici dolci al miele arabi, è vastissima. Una pausa ancora, gradita e consigliata, alla tetería La Oriental con un’ambientazione che ricorda il deserto e le oasi. Qui spezie, tè e menta possono sembrare un miraggio, e invece sono un sogno andaluso quanto un “pan con tomate y jamón” di prima mattina.